venerdì 3 febbraio 2012

3 Febbraio 2012 - IL VENERDI' LETTERARIO. Oggi scriviamo di..."CAPITANI DI UN TEMPO"

Simone Gulì
Lasciamo stare Achab,personaggio creato da Melville , lì, entriamo nella leggenda, la riflessione oggi nasce spontanea, seguendo le innumerevoli notizie e le molteplici considerazioni che spesso spettacolarizzano la nostra informazione quotidiana. Capitani di un tempo , allora, ed il riferimento è ovvio, a quanto accaduto recentemente alla Concordia ed al suo comandante, nella disavventura del naufragio e il naufragio del piroscafo Principessa Mafalda con la morte del suo comandante Simone Gulì. Questo tema, che ho trattato nel mio libro più recente, che narra proprio il viaggio di questa nave passeggeri, vanto della Marina Mercantile italiana, nel suo viaggio da Genova , verso Buenos Aires, sembra diventato improvvisamente attuale. Chi era costui? Un marittimo, figlio di marittimi siciliani, emigrati a San Giorgio a Cremano, per stare vicino Napoli che in quell'epoca era porto di grandi partenze, verso altri mondi, al di là dell'Atlantico. Un vecchio lupo di mare, si potrebbe dire al giorno d'oggi. Ma soprattutto un uomo vero che pagò con la vita la disavventura della sua nave tanto amata. Quel Principessa Mafalda, che dopo diciotto anni di navigazioni oceaniche,avrebbe dovuto compiere il suo ultimo viaggio prima della pensione. Non fu così, non ne ebbe il tempo questo gigante del mare, che vide interrotto il suo viaggio nello sperduto Atlantico e nelle sue notti. Gulì, sapeva che questa nave, aveva difetti, ne aveva parlato prima della partenza, voleva rimandare il viaggio. Non ci riuscì, obbedì a chi di dovere. E partì. Accadde quel che accadde e Gulì, non scappò, non si rifugiò su scialuppe o navi amiche giunte in soccorso. No, Gulì restò a bordo, fece scendere tutti; fece quel che doveva fare, quello che la sua coscienza di uomo di mare e Comandante, gli imponeva. Ma deve aver pensato che non era imposizione, era coscienza. Di onori e oneri di un comandante.Quella era la prova vera, ardua che delimita l'uomo che ha coraggio dall'uomo che ha paura, che si defila,che scappa. Scrissi nel libro Il naufragio previsto: ".....nella mente di Gulì balenavano mille pensieri, il senso di colpa per quel viaggio che non avrebbe dovuto fare le urla dei passeggeri.....ritornarono nella sua mente i tanti anni di mare e di cielo, di tempeste, bufere di onde battenti imperiose sui lati della nave...le partenze e gli arrivi dai e nei porti di mezzo mondo....propio il suo oceano stava per inghiottirlo...le leggi del mare sono queste pensò Gulì, un marinaio vero, un  comandante, affonda con la sua nave".
In fondo quella era la sua vita.Perì Gulì con la sua nave, salutando con  il cappello il comandante dell'Alhena , nave giunta a salvarlo.Oggi riposa nel fondo di quell'oceano che era la sua vita, il suo lavoro, il suo tutto. Un capitano vero, dunque. Mentre altri, riposano tranquillamente nelle proprie case.

3 commenti:

  1. Caro Pasquale, la storia del capitano Simone Gulì che giustamente hai tenuto a ricordarci,risveglia inevitabilmente la rabbia e lo sdegno provati nelle ultime settimane...Allora, mi piace poter pensare che l'Italia un tempo fosse fatta di italiani che salutavano con il cappello la possibilità di mettersi egoisticamente in salvo per far spazio, invece, alla coscienza di non abbandonare la propria nave e di accompagnarla fedele nel profondo degli abissi...Oggi, mi piacerebbe credere che esistono dei Simone Gulì capaci di renderci ancora orgogliosi di essere ITALIANI...

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  2. Ciao Alessandra,
    in realtà , oggi, c'è poco per cui vantarsi: Non c'è più la passione, ma solo il gusto , come dicono in Argentina " de subir al escenario".Salire sul palcoscenico , questo è ciò che conta per molti.

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  3. Hai ragione, e gli argentini sono molto saggi...La passione ci permette di vivere profondamente tutto ciò che facciamo, senza abbandonarci, in nessun caso, alla preoccupazione di essere illuminati dalle luci dei riflettori...

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